L’amore è un impulso potente che spinge
due persone a legarsi, e può essere visto come il frutto dell’evoluzione e
della selezione naturale e, pertanto, può essere assimilabile all’amore che
lega il bambino alla madre. Questo non significa che si ama il proprio partner
come se questi fosse la propria madre, ma che esistono delle somiglianze sostanziali
fra i due legami a tal punto che nella sua struttura universale, il rapporto
madre-bambino può essere utilizzato per capire la complessità del legame
d’amore fra gli adulti.
Il legame madre-bambino è complementare, in quanto c’è un piccolo che chiede aiuto di fronte ad un pericolo, a seguito dell’attivazione del suo sistema di attaccamento; dall’altra parte, c’è un adulto che dà cure perché si attiva il suo sistema di accudimento nei confronti di chi chiede aiuto.
Il legame di coppia, invece, è un rapporto caratterizzato dalla reciprocità, che a differenza del primo, a secondo delle situazioni, attiva sia il sistema dell’attaccamento sia dell’accudimento (Attili G., 2004). Infatti, le componenti fondamentali che caratterizzano la relazione di coppia come legame di attaccamento sano, sono simili alle componenti del legame madre-bambino: mantenimento del contatto, rifugio sicuro, il bisogno di sentirsi rassicurati e confortati dal partner, base sicura quando il partner è percepito come disponibile in caso di necessità e ansia da separazione quando il partner è assente.
Il legame madre-bambino è complementare, in quanto c’è un piccolo che chiede aiuto di fronte ad un pericolo, a seguito dell’attivazione del suo sistema di attaccamento; dall’altra parte, c’è un adulto che dà cure perché si attiva il suo sistema di accudimento nei confronti di chi chiede aiuto.
Il legame di coppia, invece, è un rapporto caratterizzato dalla reciprocità, che a differenza del primo, a secondo delle situazioni, attiva sia il sistema dell’attaccamento sia dell’accudimento (Attili G., 2004). Infatti, le componenti fondamentali che caratterizzano la relazione di coppia come legame di attaccamento sano, sono simili alle componenti del legame madre-bambino: mantenimento del contatto, rifugio sicuro, il bisogno di sentirsi rassicurati e confortati dal partner, base sicura quando il partner è percepito come disponibile in caso di necessità e ansia da separazione quando il partner è assente.
Nel momento in cui c’è una distorsione
in entrambi i tipi di legame, per esempio è la madre a chiedere aiuto e non
capisce i bisogni del bambino, oppure il partner non assolve le funzioni di
sicurezza e protezione (es. un tradimento), la relazione diventa patologica e
patogena.
Quali sono le fasi che caratterizzano il
legame di coppia?
La prima fase è caratterizzata dal
desiderio e dall’attrazione: la coppia sperimenta un “delirio passionale” o
“simbiosi”, durante il quale l’idealizzazione del partner è estrema, si pensa a
lui come l’anima gemella ed è l’oggetto che soddisfa ogni desiderio. Si è molto
egoisti rispetto ai propri bisogni che hanno la precedenza sul resto e che,
comunque, sembrano essere totalmente appagati dall’altro. Questa prima fase si
interrompe, per favorirne il passaggio ad una nuova, caratterizzata da
conflitti, da ambiguità e da ricerca della differenzazione, inoltre, si
manifestano le primi crisi d’ansia utili per lo scioglimento della simbiosi.
Questa fase corrisponde al periodo della contro-dipendenza, della disillusione,
della sofferenza dovuta alla scissione tra l’ideale e il reale, nascono i primi
sintomi di incompatibilità e si comincia a pensare alla necessità di creare una
giusta distanza. Una buona elaborazione di questa fase ne permette il passaggio
alla successiva.
L’indipendenza caratterizza la terza
fase. Si tratta di un periodo di sperimentazione, la coppia sente l’esigenza di
uscire dal nucleo a due e di esplorare l’esterno. E’ forse il periodo più
problematico e pressante dal punto di vista conflittuale; si presentano litigi e
crisi emozionali legate all’alternarsi di rimpianti e speranze.
L’ultima fase dell’interdipendenza si
basa sull’accettazione dell’integrazione di un legame imperfetto: i partner
giungendo alla consapevolezza che l’altro possa essere imperfetto e che la
scelta del partner è indubbiamente collegata ai modelli di attaccamento appresi
nel tempo, attuano un processo di riavvicinamento che permette loro di
acquisire una costanza dell’oggetto d’amore che travalica i conflitti e permette
il riaccendersi del desiderio (Mahler
M.,1968).
I processi
di separazione e individuazione giocano, quindi, un ruolo fondamentale nella
costruzione della coppia. Ed è a quel punto che ogni partner
porta nella relazione i propri modelli operativi interni, gli schemi cognitivi,
e le rappresentazioni di sé e degli altri e i suoi miti. La scelta del partner può, quindi, essere considerata come espressione di questa struttura che, come i miti, si
costruisce, si modifica nel tempo e
viene a collocarsi dentro una serie di rapporti in continua evoluzione,
in cui si creano sempre nuove connessioni o divergenze rispetto al
significato originario. La decisione iniziale
apparentemente spontanea e libera, non ‘ragionata’, acquista un senso solo alla luce
di quello che accade in seguito e dall'intreccio tra i miti dell’uno e dell’altro
(Angelo C., 1999). Quando
il mito è rigido, non evolutivo, incapace di adattarsi alle trasformazioni
delle fasi del ciclo vitale, si crea un rimescolamento di “infedeltà irrisolte”,
di prescrizioni familiari implicite, di attese, di idealizzazioni di sé, del
partner e della relazione, e la coppia si avvia verso una fase di “stallo”. Possiamo considerare lo
stallo e le difficoltà di coppia, non solo come momenti di crisi e di
difficoltà ma anche come “sforzi riparativi per correggere, controllare, cancellare
e difendersi da storie disturbanti appartenenti alle famiglie d’origine”. La
maggior parte delle persone non “vede” il partner per quello che esso è, ma
viene caricato da aspetti appartenenti al proprio passato, a quelli della
propria famiglia d’origine e da aspetti scissi di sé (Framo, 1999).
La coppia verrebbe ad
essere imprigionata in una spirale d’incomprensioni e fraintendimenti in cui le
rotture delle comunicazioni affettive non sono seguite da processi di riparazione.
Essere “interdipendenti”, in questo
contesto, significa che gli stati della mente dei due individui si influenzano
reciprocamente però in senso negativo (Siegel, 2001). Gli aspetti che portano
non alle incomprensioni, ma alla rottura del legame di coppia, sono da situare
all’ultimo stadio di questo continuum, e vanno ricercati nei contesti
relazionali traumatici, all’interno dei quali, i rispettivi partner hanno
appreso o la sfiducia nell’altro (es. un genitore imprevedibile) o la paura
dell’intimità affettiva (oscillando tra la ricerca di vicinanza e di separazione),
oppure comportamenti inappropriati di controllo della
relazione (Liotti, Farina, 2011). Questo apprendimento, all’interno
della relazione di coppia disfunzionale, viene riproposto attraverso schemi
ripetitivi e rigidi come la svalutazione, la disconferma, e la
ridicolizzazione. Ne viene fuori una situazione paradossale, in cui il partner
prova dolore per queste modalità e contemporaneamente è costretto a chiedere
aiuto a colui che la infligge.
L’obiettivo
di una psicoterapia di coppia, è quello di aiutare la relazione a superare l’impasse. Lo scopo
diventa quello di riparare le ferite di attaccamento offrendo, all'interno del percorso terapeutico, una esperienza
tangibile di disponibilità, empatia e affidabilità. La coppia, sciogliendo le
proprie difese, può recuperare la fiducia e avviare un sano funzionamento.
Stefania Alfano, Angela Funaro, Iole Martino
Estratto dall'articolo pubblicato sulla rivista Psicologi Calabria
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